sabato 21 febbraio 2009

La triste sera di Saba


UMBERTO SABA

SERA DI FEBBRAIO


Spunta la luna.
                    Nel viale è ancora
giorno, una sera che rapida cala.
Indifferente gioventù s’allaccia;
sbanda a povere mète.
                              Ed è il pensiero
della morte che, infine, aiuta a vivere.


(da Ultime cose, 1935-1943, in Canzoniere, Einaudi, 1978)


Questa tarda poesia di Umberto Saba esprime bene quell'atavica nozione del dolore e quel bisogno di introspezione che latitano sotto traccia in tutta l'opera del poeta triestino.

La cupa solitudine, la disperazione sono però accresciute adesso: sono anni in cui c'è la minaccia delle leggi razziali e Saba è ebreo. Ecco allora che la "serena disperazione" degli anni 1913-1915 ("E chi mi avrebbe detto la mia vita / così bella, con tanti dolci affanni, / e tanta beatitudine romita!" sono i versi finali di "Dopo la tristezza") perde quell'aggettivo di accettazione e diventa sconforto tout court: quello che appare un puro dato paesistico, il sorgere della luna in una sera fredda e ventosa di febbraio, il rapido declinare del giorno in una notte che è ancora d'inverno, in realtà è l'espressione dello stato d'animo di Saba, quel doloroso senso del vivere che pesa sul cuore.

E i giovani di allora, esattamente come quelli di oggi, si muovono allegri e sguaiati per la strada, in attesa di raggiungere i loro divertimenti - allora poteva essere il cinema, l'osteria o il bordello. Povere mete, obiettivi meschini e materiali che ai ragazzi dicono molto di più del fascino di quell'ora sospesa, delle suggestioni che invece fanno nascere nel poeta, delle malinconie che suggeriscono.

Amarissima è la conclusione di Saba, che si sente estraneo alle altre esistenze: la sua consolazione è che la vita un giorno avrà fine e la morte sarà come una liberazione. Un po' come l'ungarettiana "La morte / si sconta / vivendo".

Da segnalare che "Sera di febbraio" segna un accostamento di Saba all'Ermetismo, come egli stesso dichiarò: "Le parole saranno sempre più parole del linguaggio comune; ma al tempo stesso egli le isolerà così da dare ad ognuna il suo vero valore" (Storia e cronistoria del "Canzoniere", Einaudi, 1948).





Fotografia © Jori Samonen/Pxhere



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LA FRASE DEL GIORNO
La rima può essere ovvia come fiore amore, o creare impensati accostamenti. Ma solo allora è al suo luogo, quando, se volti in prosa il componimento, non puoi sostituire, senza danno del significato, le parole che rimano.
UMBERTO SABA, Scorciatoie e raccontini




Umberto Saba, pseudonimo di Umberto Poli (Trieste, 9 marzo 1883 – Gorizia, 25 agosto 1957), poeta italiano tra i massimi del ‘900. Di famiglia ebraica, fu avviato agli studî commerciali, e fu per lunghi anni direttore e proprietario di una libreria antiquaria a Trieste. La sua poesia, quasi intimo diario e confessione, indaga le cose ultime, la donna, l’amore, il senso atavico del dolore. La sua opera è raccolta nel Canzoniere.

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