venerdì 6 novembre 2009

Ciò che noi sappiamo dell’amore


EMILY DICKINSON

CHE SIA L'AMORE...

Che sia l'amore tutto ciò che esiste
È ciò che noi sappiamo dell'amore;

E può bastare che il suo peso sia
Uguale al solco che lascia nel cuore.

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MARINA CVETAEVA
AMORE

L'amore
è lama? è fuoco?
Più quietamente - perché tanta enfasi?
È dolore che è conosciuto come
gli occhi conoscono il palmo della mano
come le labbra sanno
del proprio figlio il nome.

1° dicembre 1924

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È l'ineluttabilità dell'amore che risalta da queste due poesie, tradotte da Luciano Luisi, scritte da donne tormentate.

Emily Dickinson reagì con l’isolamento alla crisi emotiva che le procurò la partenza dell’amato Charles Wadsworth, diventò una “zitella dominatrice” e si rinchiuse nella sua stanza a costruire un ordine assoluto di verità, vero rifugio dai contrasti della vita. Marina Cvetaeva sperimentò invece molti amori, carnali, passionali, sentimentali, anche omosessuali: il suo approccio era, come lo definì la Losskaja, “sovrasessuale, fondato sui suoi fortissimi potenziali vitali”.

Ecco che per entrambe allora l’amore diventa “peso”, diventa “dolore”, ma comunque necessario, naturale perché connaturato all’umanità, tanto da essere così familiare come il palmo della mano. Dunque l’amore esiste, l’amore è tutto, l’amore è vita e come la vita può essere doloroso…




François Quilici, “Sola”

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LA FRASE DEL GIORNO
Oh, l'amore non esiste per farci felici. Credo che esista per mostrarci fin dove siamo capaci di patire e sopportare.
HERMANN HESSE, Peter Camenzind




Emily Elizabeth Dickinson (Amherst, Massachusetts, 10 dicembre 1830 –15 maggio 1886), poetessa statunitense, considerata tra i migliori lirici del XIX secolo. La sua vita fu priva di eventi esteriori: dopo i trent'anni scelse un volontario isolamento nella casa paterna. La sua poesia spazia dalle piccole cose della vita quotidiana – la natura, le stagioni – ai grandi temi dell’anima innestati sul tema della solitudine.


Marina Ivanovna Cvetaeva (Mosca, 8 ottobre 1892 – Elabuga, 31 agosto 1941), poetessa e scrittrice russa. Divenuta una delle migliori voci del simbolismo russo, fu invisa al regime stalinista. Esule a Berlino e Parigi, tornò in patria nel 1939 alla ricerca del marito, fucilato dall NKVD e della figlia, in campo di lavoro. Disperata e isolata, si uccise nel 1941.



2 commenti:

CT ha detto...

ciao Daniele,
belle queste poesie, di più quella di E. Dickinson,ma sulla frase di Hesse no,non sono dello stesso parere...
l' amore da' emozioni, scioglie il cuore, ti lascia il segno, ma anche quando finisce tutto quello che si è provato, non te lo toglie nessuno rimane dentro, e ti fa compagnia per tanto tempo....

DR ha detto...

Non sono d'accordo neanch'io, ma l'ho messa apposta per commentare le due poesie (un punto di vista maschile). "Che dirò dell'Amore? È il nome che si dà al dolore per consolare coloro che soffrono" di Pierre Louys mi sembrava troppo forte...

Credo non ci credesse neanche Hesse, infatti sono parole di un romanzo, nel quale in un altro passo si dice: "Nel mondo non v'è nulla di più nobile e di più beatificante che un amore assiduo".