sabato 28 dicembre 2013

Fernando Bandini

 

Dopo aver lottato a lungo contro la malattia, il giorno di Natale se n’è andato il poeta vicentino Fernando Bandini. Era nato nel 1931 e aveva la capacità di scrivere non solo in italiano ma anche nel dialetto vicentino e in latino, lingua che aveva appreso nonostante non avesse praticato studi classici. Di lui Andrea Zanzotto disse: “Bandini è un poeta eccezionale tra pacatezza e meditazione; a sua differenza, è un poeta trilingue”. L'assessore alla cultura del Comune di Vicenza Jacopo Bulgarini d'Elci ha così commentato la scomparsa dell’illustre concittadino: “Oggi, a Natale, la nostra città ha perso il suo poeta, Fernando Bandini. La grandezza di certi maestri è nella loro capacità di diventare, anche oltre la vita, magistero. Cercheremo di onorare l'insegnamento di Bandini provando a immaginare, ed edificare, una Vicenza capace di costruirsi sulle fondamenta della bellezza, della forma perfetta, della vera poesia - oggi più che mai necessaria”.

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FOSSERO I MIEI VERSI

Fossero i miei versi quello che la neve
è per i bambini quando si svegliano
e guardano dal vetro sbalorditi la lieve
polvere caduta da lontani mondi.

Fossero i miei versi quello che l'acqua
di maggio è per i meli dalla foglia lustra
quello che il vento è per i pini (una frusta
verde che schiocca sulla selva e sul pascolo).

Quello che per i pesci guizzanti è la ghiotta
esca, per il tordo bottaccio
la trappola insidiosa fatto col setaccio
di casa ancora sporco di farina.

Capaci di catturare, capaci di ferire,
capaci di serbare un segno segreto,
un mistero d'origine nel lieto
turbinio delle cose che lievita la massa.

Fossero i miei versi quello che le stelle
sono per la notte quando esplodono in cielo
come larghi rododendri sullo stelo
d'un sospiro che veglia alle finestre.

Fossero i miei versi di bella fattura
ma nutriti di umana realtà.
Fossero i miei versi come la libertà
aria della lotta e pane del riposo.

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QUATTRO PASSI

Forse perché c’è qualche
parentela tra cicuta e mandorlo
(e lo conferma in ambedue l’amaro)
mi scheggia l’osso la pallottola
diretta ad altri. Forse
perché c’è qualche oscura
connivenza tra la neve e il fuoco,
nel refolo che passa
sento frusciare i piedi dei vampiri
lungo gli asfalti della città lontana.

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AMNESIA

Giorno per giorno qualche nome si eclissa
dalla mia lingua e dalla mia memoria,
usuali parole come sedia bottiglia
Oh, trafelate corse per riprenderne
possesso! Annaspo naufrago
in un mondo che sempre più smarrisce
i suoi eoni, balbetto
come Mosè presso il roveto ardente.

E con nervoso tremito pronuncio
casa farfalla mela
per esorcizzare la buia notte
che si avanza a grandi passi;
ma poi casa precipita, farfalla
si polverizza in porpora,
mela mi è tolta divorata dal verme
che abita il mio cervello.

Come mi muoverò, poeta senza
gli amati nomi succo delle cose,
tra i buchi d’un saccheggiato universo?

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STA LINGUA

Sta lingua la xe quela
che doparava me nona stanote
vardandome da dentro la sòasa (1).
La boca stava sarà, le parole
mi le sentiva ciare.

Me nona
la ga imparà sta lingua da le anguane (2)
che vien zo da le grote
co sona mezanote
caminando rasente le masiere (3):
e da le róse
dove le lava fódare e nissói (4)
se sente ciof e ciof sora le piere
e te riva un ferume de parole
supià dal vento
che zola par le altane.

Me nona
se ga lèva na note co le anguane
par vegnere in sità.
Per paura dei spiriti che va
de sbindolon tel scuro
la diseva pai troisi la corona.
La xe rivà de matina bonora:
subito dopo un brolo de pomari
ghe ieri case e case da ogni banda.

La domandavan el nome de na strada,
scoltando na sirena
la xe rivà in filanda.
“Senti sta tosa come che la parla”,
i pensava vardandola tei oci
i botegari e i coci,
“le pare uno stealarin che vien dai orti”…

Sta lingua mi
la so ma no la parlo,
la xe lingua de morti.

 

1 sòasa = cornice

2 anguana = creatura mitologica simile a una ninfa

3 masiere = frane postglaciali tipiche dell’alto Veneto

4 nissòi = lenzuola

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LA FRASE DEL GIORNO
Ma io non vado verso, io mi sono fermato, / per questo qualcosa riesco a vedere
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FERNANDO BANDINI, Lapidi per gli uccelli




Fernando Bandini (Vicenza, 30 luglio 1931 - 25 dicembre 2013),  poeta, scrittore e docente italiano di stilistica e metrica presso l'Università di Padova. Aveva la capacità di scrivere non solo in italiano ma anche nel dialetto vicentino e in latino, lingua che aveva appreso nonostante non avesse praticato studi classici.


3 commenti:

Vania ha detto...

...interessante persona mi pare di decifrare da queste poesie.

....mi piace molto la prima così "accorata"a mio parere.

ciaoo Vania:)

DR ha detto...

sono di quei personaggi che non "appaiono" ma che sanno come colpire, l'esatto opposto di quello che vuole il mondo dei media adesso

DR ha detto...

Ah, dimenticavo... Vania, avrai apprezzato il dialetto veneto :-)