venerdì 30 settembre 2016

L’amore che superi l’amore

 

VLADIMÍR HOLAN

UNA FOGLIA CHE CADE

Che non un’opportunità
si palesi è anche per stanchezza
dell’attenzione. Non più che di secondo
ordine è tutto quanto avverserebbe
i sensi. Invece la natura
si sovrastima a un tempo per la disparatezza
e tanto più quanto più
è a compimento. Una foglia che cade
è più alta dell’albero. E noi?
Conosciamo l’amore che superi
l’amore?

(da Il poeta murato, Garzanti, 1992, a cura di Vladimir Justl e Giovanni Raboni)

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Dopo aver letto questa poesia del ceco Vladimír Holan ho pensato che in effetti sarebbe bastata la quartina finale. I sette versi e mezzo che la precedono non sono che una superfetazione di questa chiusa formidabile, di questa domanda che cade a perpendicolo su noi e ci chiede – le spalle al muro – se siamo consapevoli del miracolo capace di superare il determinismo del vivere.

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Foglia

 

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LA FRASE DEL GIORNO
Ma basterebbe che il vento / gli gettasse sulle spalle una foglia secca / e il ponte, di colpo, non reggerebbe il peso…

VLADIMÍR HOLAN, In progresso




Vladimír Holan (Praga, 16 settembre 1905 – 31 marzo 1980), poeta ceco. Dall’astrattismo e dal simbolismo ermetico con cui iniziò a scrivere versi passò a forme più realistiche e pessimistiche, centrate sul destino dell'uomo e della società, attuate con un linguaggio oscuro.


giovedì 29 settembre 2016

Un’estate ostinata

 

ÁNGEL GONZÁLEZ

L’AUTUNNO SI AVVICINA

L’autunno si avvicina con pochi suoni:
cicale appagate, solo qualche grillo,
difendono il fortino
di un’estate ostinata a continuare,
la cui fastosa coda ancora brilla a occidente.

Si direbbe che qui non succede nulla,
ma un silenzio improvviso illumina il prodigio:
è passato
un angelo
che si chiamava luce, o fuoco, o vita.

E lo abbiamo perso per sempre.

(da Luce, o fuoco, o vita, 1996)

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Il poeta spagnolo Ángel González con il suo stile piano e intimista sviluppa uno dei suoi temi prediletti: lo scorrere del tempo, irripetibile, ogni attimo in fuga a precipizio nel passato, come quel “prodigio” che altro non è che una fiammata del tramonto nella stagione sospesa tra estate e autunno.

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Sunset

FOTOGRAFIA © AUDREY KNIGHTS

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LA FRASE DEL GIORNO
Attraversi il crepuscolo / (…) / Il mondo cambia colore: è come l’eco / del mondo.
ÁNGEL GONZÁLEZ




Ángel González Muñiz (Oviedo, 6 settembre 1925 – Madrid, 12  gennaio 2008), poeta spagnolo della Generazione del ‘50. Premio Principe delle Asturie nel 1985 e Premio Regina Sofia nel 1996. La sua opera mescola intimismo e poesia sociale con un tocco ironico. Il passare del tempo, l’amore e la civilizzazione sono i suoi temi ricorrenti, giocati su toni di un’ottimistica malinconia.


mercoledì 28 settembre 2016

Lattiginosa d’alba

 

GIORGIO CAPRONI

PRIMA LUCE

Lattiginosa d’alba
nasce sulle colline,
balbettanti parole ancora
infantili, la prima luce.

La terra, con la sua faccia
madida di sudore,
apre assonnati occhi d’acqua
alla notte che sbianca.

(Gli uccelli sono sempre i primi
pensieri del mondo).

(da Come un’allegoria, 1936)

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Potrebbe sembrare un bozzetto dai toni impressionistici questa poesia di Giorgio Caproni, la prima da lui pubblicata in rivista e primo esperimento ermetico (dopo la lettura di Allegria di naufragi di Giuseppe Ungaretti, per ammissione del poeta stesso): in effetti Caproni con quei pochi tocchi scialbi di colore e immagini al limite del surrealismo ricrea l’atmosfera dell’alba nella quale gli uccelli si levano così come i primi pensieri quasi sussurrando.

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FOTOGRAFIA © CHRISTY USILTON

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LA FRASE DEL GIORNO
L’alba ci consegna la prima ora / la prima ora di un’altra vita. / La sola nostra verità / è il giorno che comincia.

JOSÉ EMILIO PACHECO, L’età delle tenebre




Giorgio Caproni (Livorno, 7 gennaio 1912 – Roma, 22 gennaio 1990), poeta, critico letterario e traduttore italiano. Partito come preermetico attirato da uno scabro espressionismo, approdò a un ermetismo rivestito di un impressionismo idillico. Nella sua poesia canta soprattutto temi ricorrenti (Genova, la madre e Livorno, il viaggio, il linguaggio), unendo raffinata perizia metrico-stilistica a immediatezza e chiarezza di sentimento.


martedì 27 settembre 2016

A ritroso

 

LEONARDO SINISGALLI

LA LUCE ERA GRIDATA A PERDIFIATO

La luce era gridata a perdifiato
Le sere che il sole basso
Arrossava il petto delle rondini rase.
Ora e sempre più viva
Sarà la smania di far notte in me solo
E cercar scampo e riposo
Nella mia storia più remota.
Ogni sera mi vado incontro a ritroso
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(da Vidi le Muse, Mondadori, 1943)

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Cesare Pavese scrisse nel Mestiere di vivere.“L’infanzia non è soltanto l’infanzia vissuta, ma l’idea che ce ne facemmo nella giovinezza, nella maturità, ecc. Per questo appare l’epoca più importante: perché è la più arricchita dai ripensamenti successivi”. La pensa così anche il poeta lucano Leonardo Sinisgalli, che trova rifugio in quella fantastica infanzia, dove tutto era possibile, a partire dalla sinestesia del primo verso, che consente alla luce di essere addirittura gridata e al poeta di ritrovare la madre: “Ora so non dolermi / Se la mano nel buio / Tocca il fondo e tu non ci sei. / Allora cercavo la tua ombra / In quella del muro / Sulla terra bianca / d’infanzia. / I compagni gridavano a perdifiato / Freschi di capelli nell'afa. / Tu muovevi la polvere dietro le spalle”.

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Gilbert

VICTOR GABRIEL GILBERT, “BAMBINI CHE GIOCANO”

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LA FRASE DEL GIORNO
Tutte le passioni passano e si spengono tranne le più antiche, quelle dell’infanzia.
CESARE PAVESE, Il mestiere di vivere




Leonardo Sinisgalli (Montemurro, 9 marzo 1908 – Roma, 31 gennaio 1981), poeta,  saggista e critico d'arte italiano. Noto come Il poeta ingegnere per il fatto che lavorò per Olivetti e Pirelli e per aver fatto convivere nelle sue opere cultura umanistica e cultura scientifica. Fondò e diresse la rivista “Civiltà delle macchine”.


lunedì 26 settembre 2016

I giorni che tu credi dissipati

 

MARIA LUISA SPAZIANI

I FRUTTI DEL COMPENSO

I giorni che tu credi dissipati
nel chiasso e nella noia,
a tua insaputa ròdono il deserto
con furiose radici -

trovano un filo d'acqua mentre dormi
o aspetti a lungo un treno che non viene,
e succhiano in silenzio, e ti preparano
i frutti del compenso.

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Ci sono molti temi cari a Maria Luisa Spaziani in questi versi: quel senso dell’attesa che ben conosce chi ha aspettato l’arrivo di un treno nell’alba per andare a scuola o al lavoro, quello scorrere del tempo, la consapevolezza che di “quei trentamila giorni che viviamo / ne resteranno forse dieci o venti / ben vivi nella memoria”, e infine c’è il continuo inseguire il filo della speranza come Teseo nel labirinto.

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Treno

FOTOGRAFIA © WALLPAPER SMA

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LA FRASE DEL GIORNO
È così perfetta l’attesa (o l’intesa) / che sarà peccato trasformarla in parole. / Dovremmo preferire alla vita il silenzio / anche se questo silenzio è quintessenza della vita?
MARIA LUISA SPAZIANI




Maria Luisa Spaziani (Torino, 7 dicembre 1922 – Roma, 30 giugno 2014), poetessa italiana formatasi nel clima postermetico di chiara ascendenza montaliana. La sua poesia è venuta via via distendendosi dal mottetto o epigramma a forme narrativo-discorsive.


domenica 25 settembre 2016

La pietra affondata nell’erba

 

LUCIANO ERBA

FINE DELLE VACANZE

Ero uno che sollevava la pietra
affondata nell'erba tra la malva
scoprendo un mondo di radicole bianche
di città color verde pisello;
ma partite le ultime ragazze
che ancora ieri erano ferme in bicicletta
nascoste da grandi foglie di settembre
alle sbarre del passaggio a livello
mi sento io stesso quella pietra.
Anche le nuvole sono basse sui campi di tennis
e il nome dell'hotel scritto sul muro
a nere, grandi lettere è tutto intriso di pioggia.

(da L'ippopotamo, Einaudi, 1989)

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La sottile ironia di Luciano Erba si stempera nella malinconia per la fine delle vacanze in questo quadretto della memoria che dipinge uno dei suoi classici aneddoti: le scene che si succedono come in un film – il ragazzo che alza un sasso per scoprirvi un mondo nascosto e meraviglioso, le ragazze in bicicletta nell’ultimo sole di settembre, le nuvole che passano sui campi da tennis, l’hotel nella pioggia – si uniscono a creare un’atmosfera di languida tristezza.

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Mare

FOTOGRAFIA © COOL TIME LINE PHOTOS

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LA FRASE DEL GIORNO
Credi tu / che dietro a questa assurda / fuga di giorni / ci attenda / il passo delle vere parole?
LUCIANO ERBA, Il male minore




Luciano Erba (Milano, 18 settembre 1922 – 3 agosto 2010), poeta, critico letterario, traduttore del secondo Novecento, appartenente alla Quarta generazione della Linea Lombarda. Insegnò Letteratura Francese e Letterature Comparate  all’Università Cattolica di Milano.


sabato 24 settembre 2016

Nel petto dei nostri sogni

 

ODYSSEAS ELYTĪS

IL MELOGRANO PAZZO

Fantasia mattutina
con domande a pèrdre haleine

In questi bianchi cortili dove soffia lo scirocco
Fischiando tra gli archi dei portici, ditemi è il melograno pazzo
Che sussulta nella luce diffondendo la sua fruttuosa risata
Con sussurri di vento e capricci, ditemi è il melograno pazzo
Che palpita nel fogliame nato all’alba
Schiudendo in alto tutti i colori con brividi di trionfo?

Quando nei campi si svegliano nude le ragazze e
Mietono con bionde mani i trifogli
Vagando nei loro estremi sonni, ditemi è il melograno
Che senza sospetto mette nei freschi canestri le luci
Che fa traboccare di cinguettii i loro nomi, ditemi
È il melograno pazzo che combatte contro le nuvole del mondo?

Nel giorno che per gelosia si adorna di sette forme di piume
Cingendosi del sole eterno con mille prismi
Abbaglianti, ditemi è il melograno pazzo
Che  afferra una criniera in corsa con cento frustate
Mai triste e mai crucciato, ditemi è il melograno pazzo
Che annuncia la nuova speranza che sorge?

Ditemi, è il melograno pazzo che saluta da lontano
Agitando un fazzoletto di fogliame di fresco fuoco
Un mare partoriente con mille e mille velieri
Con onde che mille e mille volte si agitano e vanno
In spiagge insospettate, ditemi è il melograno pazzo
Che fa cigolare il sartiame nel cielo trasparente?

In alto con il grappolo azzurro che si accende in festa
Fiero, sfidando il pericolo, ditemi è il melograno pazzi
Che irrompe con luce nel mondo e fa a a pezzi il maltempo del demonio
Che da una parte all’altra stende lo scialle ocra del giorno
Ricamato di semenze di canti, ditemi è il melograno pazzo
Che sbottona in fretta l’abito in seta del giorno?

Nella veste del primo aprile e nelle cicale di mezzo agosto
Ditemi, chi gioca, chi si adira, chi lusinga
Scuotendo dalla minaccia le sue brutte tenebre
Riversando in grembo al sole inebriati uccelli
Ditemi, chi apre le ali nel petto delle cose
Nel petto dei nostri sogni profondi, è il pazzo melograno?

(da Orientamenti, 1940 – Traduzione di Paola Maria Minucci)

 

“Questo è in fondo la poesia, l’arte di avvicinarci a ciò che ci oltrepassa” scriveva il poeta greco Odysseas Elytīs nel discorso all’Accademia Svedese in occasione del discorso per l’assegnazione del Premio Nobel 1979. È dentro questo mondo che è contenuto l’altro mondo ed è con gli elementi di questo mondo che si ricompone “l’oltre”, la seconda realtà collocata al di sopra di questa nella quale viviamo contro natura. È una realtà a cui abbiamo diritto e alla quale non abbiamo accesso a causa della nostra incapacità E questa realtà superiore, questo paese onirico, è proprio quello dove regna il melograno pazzo, “nel petto dei nostri sogni profondi”.

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Melagrana

 

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LA FRASE DEL GIORNO
Ho iniziato lentamente a tessere parole come gemme preziose con cui ricoprire il paese che amavo.
ODYSSEAS ELYTĪS, Piccolo marinaio




Odysseas Elytīs, pseudonimo di Odysseas Alepoudellīs (Candia, 2 novembre 1911 – Atene, 18 marzo 1996), poeta greco, tra i maggiori Surrealisti, è stato insignito del Premio Nobel per la Letteratura nel 1979 per “il desiderio di libertà intellettuale e sviluppo della creatività, che traspare dalla sua poesia”.


venerdì 23 settembre 2016

Il vento d’Africa

 

WALTER HÖLLERER

POZZO IN SICILIA

I mandorli in fiore
sono bianchi,
altri hanno una camicia rosa
come di notte le ragazze.
Il vento d’Africa
è giallo-sabbia, caldo.
E noi, come uccelli stranieri,
sediamo al pozzo.

La catena sferraglia pesante:
il secchio rotola nel fondo.
Risuona da un’antica lontananza.
La parola, l’indicazione,
chi decifra il grido?
L’acqua dolce ha il sapore del sale.

(da Poesie 1942-1982, 1982)

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Il poeta tedesco Walter Höllerer, come i suoi illustri predecessori Goethe e Hesse, è affascinato dal Sud, dalla terra dove ogni cosa è netta, dove il sole picchia forte e il cielo è azzurro sui mandorli in fiore. La parola stessa risente di quella natura selvatica, di quella terra che sa di deserto e d’Africa e che ha secoli di storia alle spalle, visibile negli antichi templi.

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Sicilia

FOTOGRAFIA © PAISAJES

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LA FRASE DEL GIORNO
Senza conoscere la Sicilia, non ci si può fare un’idea dell’Italia. È in Sicilia che si trova la chiave di tutto.
JOHANN WOLFGANG GOETHE, Viaggio in Italia




Walter Höllerer (Sulzbach, 19 dicembre 1922 – Berlino, 20 maggio 2003),  scrittore, critico letterario e accademico tedesco. È stato professore di studi letterari presso l' Università tecnica di Berlino dal 1959 al 1988. Fu membro del Gruppo 47 , fondatore della rivista letteraria tedesca Akzente (1953) e del Colloquio letterario di Berlino (1963).


giovedì 22 settembre 2016

Aspettando l’autunno

 

GIOVANNI QUESSEP

MENTRE CADE L’AUTUNNO

Aspettiamo
avvolti dalle foglie dorate.
Il mondo non finisce nel tramonto,
e soltanto i sogni
hanno come limite le cose.
Il tempo ci conduce
nel suo labirinto di fogli bianchi
mentre cade l’autunno
sul cortile della nostra casa.
Avvolti dalla nebbia incessante
continuiamo ad aspettare:
La nostalgia è vivere senza ricordare
da quale parola siamo stati inventati.

(Mientras cae el otoño, da L'essere non è una favola, 1968)

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Aspettiamo, di continuo, mentre “il tempo colleziona farfalle” o le foglie dorate dell’autunno, che il poeta colombiano Giovanni Quessep osserva cadere nel patio della sua casa: le stagioni continuano il loro giro, incessanti come quella nebbia di disincanto che avvolge ogni cosa e dalla quale di tanto in tanto – con i nostri sogni e i nostri tramonti - riusciamo a scorgere un barlume di poesia. 

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Patio

MANUEL GARCÍA Y RODRÍGUEZ, “MADRE E FIGLIA CHE CUCIONO”

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LA FRASE DEL GIORNO
Non tutto è tuo, oblio / qualcosa ci rimane.
GIOVANNI QUESSEP, Durata e leggenda




Giovanni Quessep Esguerra (San Onofre, 6 gennaio 1939), poeta colombiano discendente di nonni libanesi. La sua poesia appare come un potere che redime l'uomo dal mondo quotidiano e gli permette di penetrare l'invisibile e il misterioso.


mercoledì 21 settembre 2016

Nonostante gli anni

 

KARMELO C. IRIBARREN

COMPLEANNO D’AMORE

Che il tempo
non alteri
il sorriso sincero,
i capelli che vanno per conto loro,
o la pelle
liscia come la buccia
di un frutto commestibile.

Che nulla rovesci
- come una slavina di schiuma
sporca per la risacca
della vita -
su te l’amarezza,
la triste invidia dell’impotenza,
il residuo acre che gli anni
distillano.

Che tu sia sempre
così,
come sei,
calda pioggia di dolcezza
e fuoco
nel cuore,
nonostante gli anni,
nonostante il logorio insonne
di questa battaglia persa
di questa angoscia radicata
sempre più
nell’anima…

Che tu sia,
semplicemente,
i capelli al vento
e lo sguardo pulito.

(da Serie B, Renacimiento, Siviglia, 1998)

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Il tema principale delle poesie di Karmelo C. Iribarren è l’amore: tutto quello che gira attorno ad esso, al rapporto con la donna amata, con un tentativo di immedesimazione, di curiosità per quello che si prova “dall’altro lato”. Questo è uno dei tanti omaggi, scritto in occasione del compleanno: un augurio per il futuro con la certezza della forza d’animo di cui lei è capace.

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Chagall

MARC CHAGALL, “COMPLEANNO”

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LA FRASE DEL GIORNO
Un compleanno è solo il primo giorno di un altro viaggio di 365 giorni intorno al Sole. Goditi il viaggio.
PETER MASTERSON, Città in fiamme




Karmelo C. Iribarren (San Sebastián,  19 settembre 1959), è un poeta spagnolo, autodidatta. Associata al “realismo sporco” di Bukowski e Carver, in realtà la sua è una poesia più minimale, molto spesso frutto di osservazione della strada e dei bar, che l’ha fatta definire “realismo pulito” e “poesia di esperienza”.


martedì 20 settembre 2016

Apparecchi per caricare senso

 

VALERIO MAGRELLI

LE POESIE

Le poesie vanno sempre rilette,
lette, rilette, lette, messe in carica;
ogni lettura compie la ricarica,
sono apparecchi per caricare senso;
e il senso vi si accumula, ronzio
di particelle in attesa,
sospiri trattenuti, ticchettii,
da dentro il cavallo di Troia.

(da Didascalie per la lettura di un giornale, Einaudi, 1999)

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«Apparecchi per caricare senso»: che bella definizione dà delle poesie Valerio Magrelli (Roma, 1957). Attraverso la lettura una poesia si arricchisce di senso, si riempie anche delle emozioni e delle sensazioni del lettore, e una stessa poesia può variare anche notevolmente se riletta a distanza di anni – o in una luce diversa. Il fatto è che Magrelli invece, come rileva il critico Giorgio Manacorda, “non sopporta l’idea di fare i conti con se stesso attraverso la poesia. Ma se un poeta non fa questo, anche nelle forme più ardue, rinuncia alla poesia per scrivere didascalie, versi d’occasione per matrimoni, battesimi, compleanni – o per i giornali quotidiani, che è lo stesso”.

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books

IMMAGINE © SCDE

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LA FRASE DEL GIORNO
Per me la ragione / della scrittura / è sempre scrittura / della ragione
VALERIO MAGRELLI, Nature e venature




Valerio Magrelli (Roma, 10 gennaio 1957), poeta, scrittore, traduttore, critico letterario e accademico italiano. Laureato in Filosofia all'Università di Roma, insegna Lingua e letteratura francese all'Università di Cassino. È autore di molte traduzioni di autori francesi come Mallarmé, Valéry, Jarry, Char, Ponge.

lunedì 19 settembre 2016

Un paesetto lucano

 

ROCCO SCOTELLARO

LUCANIA

M’accompagna lo zirlìo dei grilli
e il suono del campano al collo
d’un’inquieta capretta.
Il vento mi fascia
di sottilissimi nastri d'argento
e là, nell'ombra delle nubi sperduto,
giace in frantumi un paesetto lucano.

(da È fatto giorno, Mondadori, 1954)

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È di un giovanissimo Rocco Scotellaro questa poesia datata 1940: sembra un semplice bozzetto, ma in realtà c’è già tutta la sua poetica, c’è tutto l’orgoglio della terra meridionale, la coscienza di quell’arida regione di pastori, di quella natura dura che a fatica dà i suoi frutti ma che sa essere bellissima.

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Castelmezzano - Potenza

FOTOGRAFIA © MATHEOLA

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LA FRASE DEL GIORNO
E la mia Patria è dove l’erba trema. / Un alito può trapiantare / il mio seme lontano.
ROCCO SCOTELLARO, È fatto giorno




Rocco Scotellaro (Tricarico, 19 aprile 1923 – Portici, 15 dicembre 1953), scrittore, poeta e politico italiano impegnato nella lotta per miglioramento delle condizioni economiche e sociali dei contadini. La sua poesia è caratterizzata da da un'ambientazione pastorale serena, da un'armonia di immagini e visioni che esaltano la vita bucolica.


domenica 18 settembre 2016

La fisica delle nuvole

 

HANS MAGNUS ENZENSBERGER

LA STORIA DELLE NUVOLE, XII

Un minuto passato senza guardare
ed eccole, inaspettate, bianche,
floride sì, ma poco consistenti –
un po’ d’umidità, alta lassù, qualcosa
d’impercettibile che sulla pelle
si liquefa: velocissimo transitar
di fase in fase – d’accordo. Però
anche la fisica delle nuvole
non ha tutto sotto controllo.
In caso di dubbio “si suppone”,
“si è dell’avviso”. Arcani gli arcobaleni
imperfetti, le verghe meteorologiche,
le colonne di luce, gli aloni.
Al cielo è chiaro come esse facciano.
Una specie passeggera, ma di noi più antica.
Eppure ci sopravvivrà di qualche
milione d’anni, più o meno,
questo è certo.

(da La storia delle nuvole, Crocetti, 2008 - Traduzione di Gio Batta Bucciol)

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Pitigrilli definiva sprezzantemente i poeti come “imbottigliatori di nuvole”, In realtà osservare le nuvole è – parafrasando il film francese Il favoloso mondo di Amélie “coltivare un gusto particolare per i piccoli piaceri”. Come fa notare Hans Magnus Enzensberger, scrittore e poeta tedesco, il loro continuo mutare, il loro veleggiare nel cielo, il loro tingersi non è soltanto bellezza o poesia, è uno stato di vita, tanto che in un’altra poesia, intitolata Ordine del giorno, tra i compiti da svolgere è annoverato “Contemplare le nuvole, le nuvole”.

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Nuvole1u

FOTOGRAFIA © DANIELE RIVA

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LA FRASE DEL GIORNO
Puoi cambiare la terra. Estirpare l'erba, spianare le colline, versare su tutto questo una città. Ma puoi estirpare il vento? Seppellire una nuvola nel cemento? Deformare il cielo per adattarlo all'immagine che l'uomo se ne fa? Mai.
RICHARD BACH, Biplano




Hans Magnus Enzensberger (Kaufbeuren, 11 novembre 1929), scrittore, poeta, traduttore ed editore tedesco. La sua poesia, con espressione volutamente antipoetica e provocatoria, non vede un mezzo di salvezza per l'uomo e si presenta come denuncia spietata di tutte le storture e debolezze della società.


sabato 17 settembre 2016

L’angelo muto

 

DIEGO VALERI

ECATE, DOLCE LUME DEL NOTTURNO

Ecate, dolce lume del notturno
Erebo nostro, tu
sola stai su noi soli,
bianca, fredda, lontana.
Pure è in te una dolcezza
che scende in noi come un silenzio amico:
tu sei l’angelo muto
che veglia sugli opachi
nostri sonni, sul nostro
delirante sognare.

(da Calle del vento, Mondadori, 1975)

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Ecate è in questo caso la luna calante, il dolce biancore di un ultimo quarto di luna che splende nell’oscurità. Ma Diego Valeri sa bene che Ecate è anche l’antica divinità - indoeuropea prima che greca e romana – della magia. Quella luna calante diventa allora una sorta di angelo in grado di comprendere e favorire i nostri sogni.

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JEAN EHLER, “LAST QUARTER MOON”

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LA FRASE DEL GIORNO
Cosi piccola cosa - una falcetta / bianca, di luna, incisa nell'opaca / azzurrità del crepuscolo estremo – / basta a tener sospesa in un magato / stupore, dentro immobili velari / di sogno, la città d'acqua e di sasso.
DIEGO VALERI, Poesie




Diego Valeri (Piove di Sacco, 25 gennaio 1887 – Roma, 27 novembre 1976), poeta, traduttore e accademico italiano, fu ordinario di Letteratura Francese all’Università di Padova per oltre vent’anni, tranne nel periodo 1943-45 quando riparò in Svizzera come rifugiato politico.


venerdì 16 settembre 2016

La pesca colta per tua voglia

 

LIBERO DE LIBERO

ECLISSE, XXV

La pesca colta per tua voglia,
entra in gara col tuo viso!
Tu felice mi chiedi la scelta,
gelosa della mano che la tiene.

(da Eclisse, 1940)

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La buccia della pesca, dolce e vellutata, evoca al poeta ciociaro Libero De Libero la guancia della fanciulla amata. Ed è una specie di piccolo personale giudizio di Paride quello cui deve sottoporsi…

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Pesca

RAPHAELLE PEALE, “NATURA MORTA CON PESCA”

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LA FRASE DEL GIORNO
Lei è la mano mia, / è la mia guancia lei, / è suo il braccio mio / che imita il braccio di lei
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LIBERO DE LIBERO, Eclisse




Libero De Libero (Fondi, 10 settembre 1903 – Roma, 4 luglio 1981), poeta, critico d'arte e narratore italiano. Gli Anni ‘30 lo videro al Caffè Aragno di Roma con Vincenzo Cardarelli, partecipe della  scuola pittorica di via Cavour. La sua poesia si inserisce in un ermetismo legato alla terra, al vigore del reale.


giovedì 15 settembre 2016

Le nostre ombre

 

YVES BONNEFOY

UNA PIETRA

Le nostre ombre davanti a noi, sul sentiero,
Avevano colore per la grazia dell’erba,
Esse rimbalzarono contro delle pietre.

E ombre d’uccelli le sfioravano
Gridando, oppure indugiavano, qui dove le nostre fronti
Si chinavano l’una verso l’altra, quasi toccandosi
Per via di parole che volevamo dirci.

(Une pierre, da Le assi curve, 2001)

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Il poeta francese Yves Bonnefoy era un indagatore della parola nel suo divenire, un ricercatore del rapporto tra le parole e le cose. Molte sue poesie hanno per oggetto le pietre – più d’una in effetti si intitola “Una pietra” – ed egli stesso ammette che sono come le lapidi dell’Antologia Palatina: “Permettono d'immaginare le vite che evocano le loro iscrizioni, nel segno di quella verità del tempo che è quanto la poesia deve riconoscere e imparare a far proprio”. Questa pietra, questo attimo nel tempo che è una poesia, trova due innamorati che camminano in un sentiero di sassi tra l’erba e cercano di comunicarsi l’amore.

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Ombre

FOTOGRAFIA © JOANNA MARZEC

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LA FRASE DEL GIORNO
Allungando le braccia si può toccare, / a volte, nella distanza tra due persone / un istante del sogno dell’altra, che non ha fine.
YVES BONNEFOY, Ciò che era senza luce




Yves Bonnefoy (Tours, 24 giugno 1923 – Parigi, 1º luglio 2016),  poeta, traduttore e critico d'arte francese. Le sue poesie affermano la speranza che al linguaggio poetico, non potendo raggiungere la conoscenza della realtà, sia concesso di giungere almeno al "suono del colore in ciò che è".


mercoledì 14 settembre 2016

Ti ho vista camminare

 

ORESTE FERRARI

DONNA NEL SOLE

Ti ho vista camminare
nel sole: sempre bella
la persona alta e snella
come pronta a volare.

Andavi, e non sapevi
di esser guardata: il volto
trepidante, più sciolto
il passo in ritmi lievi.

Dal tuo cuore la romba
del sangue e dei pensieri
balenava nei neri
occhi tuoi di colomba.

Così tu andavi, e, in ogni
gesto, eri tutta un grido
d’amore, verso il nido
segreto dei tuoi sogni.

(da Poesie, Tallone, 1956)

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Le quattro quartine di settenari a rima incrociata donano una modulazione musicale a questi versi del poeta trentino Oreste Ferrari: ne nasce il bel ritratto di una giovane donna, protagonista di una poesia visiva e romantica.

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Livedoor

FOTOGRAFIA © LIVEDOOR

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LA FRASE DEL GIORNO
Un uomo sulla luna non sarà mai interessante quanto una donna sotto il sole.
LEOPOLD FECHTNER





Oreste Ferrari (Locca di Ledro, oggi Bezzecca, 5 maggio 1890 – Bellinzona, Svizzera, 10 febbraio 1962) poeta italiano. Irredentista, amico di Cesare Battisti, nel 1914 fuggì in Italia e si arruolò. La sua attività poetica, di natura essenzialmente romantica,  è legata alla terra natia e a un’esistenza segnata dalla tragica scomparsa della moglie e dei figli negli anni della seconda guerra mondiale.


martedì 13 settembre 2016

Il falso Pirandello

 

ANTONINO MASSIMO RUGOLO

E L’AMORE GUARDÒ IL TEMPO E RISE

E l’amore guardò il tempo e rise.
Un sorriso lieve come un sospiro,
come l’ironia di un batter di ciglio,
come il sussurro di una verità scontata.

Perché sapeva di non averne bisogno.
Perché sapeva l’infinita potenza del cuore
e la sua poesia e la magia di un universo perfetto,
al di là dei limiti del tempo e dello spazio.

E le ragioni dell’uomo, fragile come un pulcino,
smarrito come un uccello,
cannibale come un animale da preda.

Perché conosceva la tenerezza di una madre,
l’incanto di un bacio, il lampo di un incontro.

Poi finse di morire per un giorno,
nella commedia della vita,
nell’eterno gioco della paura,
nascosto, con il pudore della sofferenza,
con la rabbia della carne,
con il desiderio di una carezza.
Ma era là, beffardo, testardo, vivo.

E rifiorì alla sera,
senza leggi da rispettare,
come un Dio che dispone, sicuro di sé,
bello come la scoperta, profumato come la luna.

Ma poi si addormentò in un angolo di cuore
per un tempo che non esisteva
e il tempo cercò di prevalere,
nel grigio di un’assenza senza musica, senza colori.

E sbriciolò le ore nell’attesa,
nel tormento per dimenticare il suo viso, la sua verità.

Ma l’amore negato, offeso,
fuggì senza allontanarsi,
ritornò senza essere partito,
perché la memoria potesse ricordare
e le parole avessero un senso
e i gesti una vita e i fiori un profumo
e la luna una magia.

Perché l’emozione bruciasse il tempo e le delusioni,
perché la danza dei sogni fosse poesia.
Così mentre il tempo moriva, restava l’amore.

(da Sulle Ali della tenerezza, Laruffa, 2007

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Come per il caso di Lentamente muore, falsamente attribuita a Pablo Neruda, ma in realtà scritta dalla giornalista brasiliana Martha Medeiros, gira da almeno quindici anni in rete - e neppure completa -questa poesia, attribuita a Luigi Pirandello, ma che naturalmente il Premio Nobel non scrisse. Basta confrontare le sue vere poesie, ma anche solo il suo stile narrativo, per notare che manca quell’incrostazione aulica di un secolo fa - per intenderci, cose così: “Oh amore, oh dolce errore! Al mesto invito, / mi porse ella una man, senza far motto. / Di qua, di là la Bella m ’ha condotto. / poi m ’ha lasciato, ed io mi son smarrito…” Però questa poesia sulla relatività del tempo nei confronti dell’amore, questa esaltazione dell’«Amor vincit omnia» virgiliano, pur non raggiungendo vette eccelse, ha un suo perché e parla alle corde romantiche del nostro cuore, ci fa sognare in un modo più consono alle nostre emozioni da XXI secolo. Per questo motivo forse, questi versi sono diffusissimi in Rete. Peccato che all’autore, che si chiama Antonino Massimo Rugolo, quasi nessuno renda merito.

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FOTOGRAFIA © SCREAMST

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LA FRASE DEL GIORNO
Non si vive se non il tempo che si ama.
CLAUDE-ADRIEN HELVÉTIUS, Dell’uomo




Antonino Massimo Rugolo (Reggio Calabria, 4 aprile 1971), poeta italiano. Le sue poesie, ricche di sentimento,  traggono spunto da reali avvenimenti della vita quotidiana e dalle problematiche del Sud. Nei suoi versi riecheggia il desiderio di eliminare, in qualche modo, le brutture e i mali endemici che condizionano e intrecciano il corretto vivere contemporaneo.


lunedì 12 settembre 2016

La partenza delle rondini

 

UMBERTO SABA

QUEST’ANNO

Quest'anno la partenza delle rondini
mi stringerà per un pensiero il cuore.

Poi stornelli faranno alto clamore
sugli alberi al ritrovo del viale
XX settembre. Poi al lungo male
dell'inverno compagni avrò qui solo
quel pensiero, e sui tetti il bruno passero.

Alla mia solitudine le rondini
mancheranno, e ai miei dì tardi l'amore.

(Da Uccelli, Edizioni dello Zibaldone, 1950)

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È quasi un trattato di ornitologia questa poesia di Umberto Saba: il poeta triestino, alla soglia dei settant’anni, saluta le rondini pronte a migrare a sud lasciando i freddi della nuova stagione. A ottobre  verranno gli stornelli, a fare strage dei frutti sulle piante, poi con l’inverno resterà solo il passero a beccare tra gli steli induriti dal gelo. Quella solitudine, non allietata dall’allegra sarabanda delle rondini, è pari all’assenza dell’amore nei giorni della vecchiaia.

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FOTOGRAFIA © BING

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LA FRASE DEL GIORNO
Di ogni poesia puoi farti una rondine. / L’importante è che sia piegata ad arte.
JÜRGEN THEOBALDY, Tutto sempre di nuovo




Umberto Saba, pseudonimo di Umberto Poli (Trieste, 9 marzo 1883 – Gorizia, 25 agosto 1957), poeta italiano tra i massimi del ‘900. Di famiglia ebraica, fu avviato agli studî commerciali, e fu per lunghi anni direttore e proprietario di una libreria antiquaria a Trieste. La sua poesia, quasi intimo diario e confessione, indaga le cose ultime, la donna, l’amore, il senso atavico del dolore. La sua opera è raccolta nel Canzoniere.

domenica 11 settembre 2016

O New York

 

ALDA MERINI

ALDA MERINI PER L’11/9

O New York notturna del nostro amore
così decapitata, ogni tua luce
è stata il vagito della nostra poesia.
Tu non puoi morire quando sogni
poiché noi italiani ti abbiamo
cullato tra le nostre braccia.
Penso che l'amore sia una grande torre
una torre addormentata nel cuore della notte.
Ma questi giganti che ormai non parlano più
hanno sepolto sotto le loro macerie
anche i nostri sospiri d’amore,
”quando la sera si stendeva sopra un tavolo
come un paziente in preda alla narcosi”

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Quindici anni, volati come il vento. Eppure quell’11 settembre 2001 rimane lo spartiacque tra due secoli, tra due vite. Il mondo è cambiato, la percezione della sicurezza è mutata, in peggio naturalmente, e altri sanguinosi eventi hanno colpito l’Europa e gli stessi Stati Uniti. Ci sono state guerre in nome di quell’11 settembre, che poi con effetto domino hanno sconquassato la regione nordafricana e quella mediorientale. L’attentato con aerei di linea che causò il crollo delle Torri Gemelle e la morte di quasi 3000 persone è ben chiaro nelle nostre menti, ancora vivido. Tutti quanti sappiamo dove eravamo e che cosa stavamo facendo in quel preciso momento. Il fatto che abbia colpito una delle città più amate del mondo e in un certo senso anche quel “sogno americano” che romanticamente portiamo in cuore ha contribuito ancora di più a scolpire quel giorno nei nostri ricordi. Questi sono i versi d’occasione che la poetessa milanese Alda Merini dedicò “a caldo” all’evento.

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FOTOGRAFIA © ROBERT CLARK/AP

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LA FRASE DEL GIORNO
Con l’11 settembre molto è cambiato: ora è diffusa la coscienza del contingente, dell’effimero, della fragilità.

JOHN FRANCIS STAFFORD




Alda Giuseppina Angela Merini (Milano, 21 marzo 1931 - 1º novembre 2009),  poetessa, aforista e scrittrice italiana. Vide pubblicate le prime poesie a diciannove anni. L’amore agitato con Giorgio Manganelli riportò alla luce i disagi psichici: dal 1965 al 1972 fu internata in ospedale psichiatrico. Dimessa, visse nella sua casa sui Navigli, spesso in stato di emarginazione, circondandosi di artisti.


sabato 10 settembre 2016

Una delle tante date

 

WISŁAWA SZYMBORSKA

IL 16 MAGGIO 1973

Una delle tante date
Che non mi dicono più nulla.

Dove sono andata quel giorno,
che cosa ho fatto - non lo so.

Se lì vicino fosse stato commesso un delitto
- non avrei un alibi.

Il sole sfolgorò e si spense
Senza che ci facessi caso.
La terra ruotò
E non ne presi nota.

Mi sarebbe più lieve pensare
Di essere morta per poco,
piuttosto che ammettere di non ricordare nulla
benché sia vissuta senza interruzioni.

Non ero un fantasma, dopotutto,
respiravo, mangiavo,
si sentiva
il rumore dei miei passi,
e le impronte delle mie dita
dovevano restare sulle maniglie.

Lo specchio rifletteva la mia immagine.
Indossavo qualcosa d'un qualche colore.
Certamente più d'uno mi vide,

Forse quel giorno
Trovai una cosa andata perduta.
Forse ne persi una trovata poi.

Ero colma di emozioni e impressioni.
Adesso tutto questo è come
Tanti puntini tra parentesi.

Dove mi ero rintanata,
dove mi ero cacciata -
niente male come scherzetto
perdermi di vista così.

Scuoto la mia memoria -
Forse tra i suoi rami qualcosa
Addormentato da anni
Si leverà con un frullo.

(da La fine e l’inizio, 1993 – Traduzione di Pietro Marchesani)

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Quando c’è qualche fatto di cronaca che non si risolve subito – il caso Yara, ad esempio – capita poi che ai sospettati venga chiesto “Dov’era lei il giorno tale? E cosa ha fatto?”. Domanda assurda, cui è difficilissimo rispondere a meno di casi eccezionali (essere l’assassino, per esempio). Per dire, mi arrivò una multa da Vigevano, dove non ero mai stato, e dovetti specificare nel ricorso dove mi trovavo con la mia auto quella sera di sei mesi prima. Sarò stato nel mio solito trantran, oppure – che ne so? – ero in ferie, ero al mare. In realtà, dopo uno sforzo sovrumano, appurai di essere ospite a cena da parenti, che testimoniarono per iscritto di quel normalissimo evento. Ma come si può tenere conto di una data passata della nostra vita, uno dei tanti giorni? Pensate che negli ultimi vent’anni ne avete trascorsi 7.305, ma che in questo 2016 ne avete già bruciati 253. Così la poetessa Premio Nobel polacca Wisława Szymborska si interroga su una data a caso, il 16 maggio 1973, un’anonima data nella sua vita. Quel mercoledì accadde poco anche nel mondo: In Tam fu nominato primo ministro delle Repubblica Khmer, il Burundi ruppe le relazioni diplomatiche con Israele, il Milan vinse la Coppa delle Coppe battendo 1-0 il Leeds a Salonicco con un gol di Chiarugi dopo tre minuti. Io so di preciso che al mattino mi accomodai al mio banco di alunno della scuola elementare, poi, nel pomeriggio, dopo il tempo pieno, probabilmente avrò giocato…

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Polonia

CODA PER LA SPESA IN POLONIA NEL 1973 - FOTO © NIKI K

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LA FRASE DEL GIORNO
Ieri mi sono comportata male nel cosmo. / Ho passato tutto il giorno senza fare domande, / senza stupirmi di niente.
WISŁAWA SZYMBORSKA, Due punti




Wisława Szymborska (Kórnik, 2 luglio 1923 – Cracovia, 1º febbraio 2012), poetessa e saggista polacca, insignita del Premio Nobel per la Letteratura nel 1996 “per una poesia che, con ironica precisione, permette al contesto storico e biologico di venire alla luce in frammenti d'umana realtà”.


venerdì 9 settembre 2016

Osa finché un fiore

 

EDWARD ESTLIN CUMMINGS

DELL’AMORE SII (UN PO’)

Dell’amore sii (un po')
Più premuroso
Che del resto
proteggila forse soltanto

Un poco meno
(appena più di molto)
più vicina di
Nulla, ricorda amore con frequente

spasimo (immagina di
Lei ogni minimo mai con massima
memoria) intera dona a ciascun
Sempre la sua libertà

(Osa finché un fiore,
comprendi smisuratamente il sole
Apri ogni milionesimo perché e
scopri il ridere)

(Be of love (a little) , da No, thanks, 1935 – Trad. di Mary de Rachewiltz)

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Il poeta statunitense Edward Estlin Cummings con il suo stile particolare e non ortodosso impartisce una lezione d’amore, consigli che possono essere validi per ogni innamorato: cura, fantasia, dolcezza, rispetto.

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Lorusso

JOSEPH LORUSSO, “LOVERS AND LAUTREC”

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LA FRASE DEL GIORNO
L’asse dell’universo – l’amore.
EDWARD ESTLIN CUMMINGS, 73 poesie




Edward Estlin Cummings,  noto anche come e.e. cummings (Cambridge, 14 ottobre 1894 – North Conway, 3 settembre 1962),  poeta, drammaturgo, scrittore e saggista statunitense. È celebre per il suo uso poco ortodosso delle maiuscole e delle regole della punteggiatura, e per il fatto di servirsi delle convenzioni sintattiche in modo avanguardista e innovativo.


giovedì 8 settembre 2016

Che le poesie siano

 

ALFRED KOLLERITSCH

TUTTO QUEL CHE

Tutto quel che
si dà l’occasione
di lasciare che le poesie siano,
loro perdono il proprio luogo
atterrite, quel che hanno inteso
è svanito dietro l’angolo,
se ne stanno vuote, disabitate.

(da Poesia, n. 273, Luglio/Agosto 2012 – Traduzione di Riccarda Novello)

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Il poeta austriaco Alfred Kolleritsch considera la poesia come una lente che distorce la realtà, ma anche come la sola possibilità di salvezza, perché al contempo dissolve l’ordine e ne ricrea uno nuovo, costituito da un differente sguardo sul reale. Le poesie perciò devono essere sempre nuove, in continuo movimento, come macchine da presa che riprendano il mondo. In caso contrario non possono essere altro che gusci abbandonati.

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Libro

FOTOGRAFIA © WALLPAPERS CRAFT

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LA FRASE DEL GIORNO
Vi sono giorni in cui le cose / sono i nomi delle cose, / caratteri / scritti sul cielo: / raccolti da coloro che narrano.
ALFRED KOLLERITSCH




Alfred Kolleritsch (Brunnsee, 16 febbraio 1931), scrittore, poeta, filosofo austriaco, fondatore della ManuSkripte, una delle più importanti riviste letterarie austriache, e co-fondatore e presidente di lunga data del Forum Stadtpark di Graz.



mercoledì 7 settembre 2016

Una poetessa, una farfalla

 

MARGHERITA GUIDACCI

NON VOGLIO

«La farfalla è condannata per le
  sue ali, che sono antieconomiche».
  (Osbert Sitwell)

Tutti i vostri strumenti hanno nomi bizzarri
e difficili, ma io vedo chiaro
e so che in fondo sono solamente
metri e gessetti con cui misurate
e segnate – segnate e misurate
senza stancarvi.

Sfilate spilli di tra le labbra, come una sarta:
me li appuntate sull’anima
e dite: “Qui faremo un bell’orlo.
Dopo starai tanto meglio.”

Io non voglio che mi tagliate un pezzo d’anima!
Se ne ho troppa per entrare nel vostro mondo,
ebbene, non voglio entrarci.

Sono una poetessa: una farfalla, un essere
delicato, con le ali.
Se le strappate, mi torcerò sulla terra,
ma non per questo potrò diventare
una lieta e disciplinata formica.

(da Neurosuite, Neri Pozza, 1970)

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Neurosuite è l’opera che la poetessa fiorentina Margherita Guidacci scrisse dopo il ricovero in una clinica neurologica nel corso degli Anni ‘60. Questi versi sono una presa di coscienza, una piccola ribellione, se è vero, come scrisse che “La mia poesia è il frutto di poche intense giornate... lo sbocco di una tensione psicologica”. La poetessa chiedeva di non inaridire le fonti della sua poesia, di non tarpare – curandola – le ali di quella farfalla citata in epigrafe.

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Butterfly

IMMAGINE © RIWOW

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LA FRASE DEL GIORNO
Lascia sia il vento a completar le parole / che la tua voce non sa articolare.
MARGHERITA GUIDACCI




Margherita Guidacci (Firenze, 25 aprile 1921 – Roma, 19 giugno 1992), poetessa e traduttrice italiana. Dopo la crisi del suo matrimonio, negli Anni’60, superò un decennio di grave sofferenza psichica che culminò nel ricovero in una clinica neurologica. Tra i poeti da lei tradotti John Donne, Emily Dickinson, T.S. Eliot ed Elizabeth Bishop.


martedì 6 settembre 2016

Essendo dolce è amara

 

JOSÉ MORENO VILLA

GIACINTA COMINCIA A NON CAPIRE

Giacinta non s'accorge che essendo dolce è amara,
non vede che è fatta di osso e di carne,
di avorio e di corno,
di sangue, di pelle, di capelli, di acqua,
di memoria, di volontà, d'intelligenza,
di amori e di odii,
di confuse passioni e chiari sogni.
Giacinta non vede che il risultato.
Non vede la divina macchina teatrale.
Non vede i drammi della roccia sulla riva,
del pensiero che cammina su se stesso,
della rosa nel fango.
Mondo risolto,
vita risolta,
e lungo bacio finale da film.
Sì... Ma...
sotto i mobili, dietro le tende,
in fondo al bagno, sopra il libro nuziale,
miglia e miglia, e chilometri di noia.

(Jacinta empieza a no comprender, da Giacinta la Rossa, 1929 – Trad. di Vittorio Bodini)

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José Moreno Villa, poeta, bibliotecario, archivista, critico letterario, e pittore di Malaga, nel 1926 è tratto fuori dal guscio del suo ascetismo intellettuale da una giovane americana di cui si innamora, Florence. Ma quando Moreno Villa viaggia a New York per conoscere i genitori della ragazza, cominciano i problemi: non si adegua ai costumi nordamericani, alla società statunitense così diversa da quella mediterranea. Non sono solo i mondi a venire a collisione: il poeta trova diversa anche Florence, collocata nel suo ambiente “naturale”, quel lato enigmatico di lei che lo aveva tanto invaghito in Spagna lì invece gli dà sui nervi; anche i suoi genitori, ricchi ebrei, trovano il futuro genero non all’altezza dei loro programmi. Il fidanzamento va in frantumi e Moreno Villa racconta in poesia tutte le sue traversie adombrando Florence con il nome di Giacinta.

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JOSÉ MORENO VILLA, “DONNA SULLA SPIAGGIA”, 1932

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LA FRASE DEL GIORNO
Nessuno conosce l’amore / come chi ne condivide la tiepida penombra.
JOSÉ MORENO VILLA, Giacinta la rossa




José Moreno Villa (Málaga, 16 febbraio 1887 – Città del Messico, 25 aprile 1955), poeta, editorialista, critico, storico dell'arte e pittore spagnolo. Di formazione della Generazione del '27, nei suoi viaggi è venuto a contatto con le più avanzate correnti letterarie, ma la sua opera è fondamentalmente personale, pur con echi di Rubén Darío, di Unamuno, di J. R. Jiménez.