domenica 15 aprile 2012

Sogno infranto


SERGIO CORAZZINI

IL FANCIULLO SUICIDA

«A Torino, un fanciullo di quindici anni si gettava dalla finestra, disperando di raggiungere i suoi alti ideali».

I

I suoi compagni non avean chimere,
non nutrivano in cuore ardite voglie,
erano tante piccolette foglie
fiorite in un medesimo verziere.

Ma il fanciullo, sdegnoso, nelle altere
luci sognava di abbaglianti soglie,
ed attendea la pura man che coglie
fiore da fiore ne le primavere.

O il sogno vano! L’anima impotente,
ruggiva de la sua tetra sconfitta,
e il cuore, oh il cuore, lagrimava sangue!

Il bimbo disperò perdutamente,
e la debole fibra derelitta
sentì costretta da insaziabil angue.

II

Oh, la gloria e la morte, in loro arcano
fascino hanno le illusioni istesse!
Quanta di sogni ardimentosa messe
nasce in un cielo e muore in un pantano!

Quietamente il bimbo a morte elesse
la giovinezza sua fiorente in vano
ne l’estasi d’un sogno sovrumano
che la fantasiosa anima eresse.

Una sera, s’uccise. Ne l’azzurro
passava e ripassava un’allegria
di rondini. S’udì nell’aria un pianto,

un grido, un tonfo sordo, un gran susurro
di popolo dolente... Ne la via
come il suo sogno, egli si giacque, infranto.

(da Dolcezze, 1904)

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Ha destato molta emozione la vicenda di Flavio, il quindicenne di Moncalieri che si è ucciso gettandosi sotto un treno con un quattro e mezzo sul compito di matematica nello zaino. Massimo Gramellini ha commentato, sulla Stampa del 13 aprile: “Qualcuno si ferma prima. Perché più idealista, più tormentato, più debole. Nessuno lo incolpi e nessuno si senta in colpa. Flavio è andato per la sua strada e a me viene soltanto da dirgli ciao”. Quello che sgomenta è quella vita buttata, recisa come un fiore di giacinto sotto la falce del mietitore: troppo giovane, troppo inesperta, non ancora smagata, non ancora con il pelo sullo stomaco del disinganno. Sempre Gramellini ricorda l’incipit di Alta fedeltà, romanzo di Nick Hornby: “Se volevi davvero incasinarmi, dovevi arrivare prima” e a parlare è un trentenne che ormai sa che per amore non vale la pena ammazzarsi, così come per un brutto voto. Tutte riflessioni che ho fatto leggendo per caso questa poesia – piena di coincidenze incredibili con la vicenda dei nostri giorni - di Sergio Corazzini, crepuscolare sui generis morto di tubercolosi a soli 21 anni: la scrisse a 17, già minato dal male e presago della fine che lo attendeva: la sua anima dolce e triste non poteva che entrare in empatia con il quindicenne lanciatosi nel vuoto. A noi invece resta nelle orecchie l’urlo agghiacciante e disperato del padre di Flavio: “Perché?”

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image

NORMAN ROCKWELL, “LITTLE BOY HOLDING”

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LA FRASE DEL GIORNO
A che serve / sbarazzarsi del mondo, / quando nessun'anima mai sfugge al destino eterno della vita?
EDGAR LEE MASTERS, Antologia di Spoon River




Sergio Corazzini ( Roma, 6 febbraio 1986 - Roma, 17 giugno 1907), poeta italiano. Crepuscolare, assorbì qualche lezione del Simbolismo e dal Decadentismo. Morì di tisi a soli 21 anni. Pubblicò sei opere tra il 1904 e il 1906: Dolcezze, L'amaro calice, Le aureole , Piccolo libro inutile, Elegia e Libro per la sera della domenica.




3 commenti:

Vania ha detto...

..è un brutto argomento questo...le aspettative.

....le aspettative degli altri e di sè...possono uccidere non solo fisicamente.

....imparare/conoscere/parlare....almeno cercare ..ecco il solito discorso.

Ciaooo Vania

Vania ha detto...

...dimenticato...ASCOLTARE.

DR ha detto...

infatti... non si può generalizzare, solo rispettare il dolore