martedì 28 ottobre 2014

Autunno dalle mani d’oro

 

JOSÉ HIERRO

AUTUNNO

Autunno dalle mani d'oro.
Cenere d'oro le tue mani lasciarono cadere per strada.
Torni a percorrere i vecchi paesaggi deserti.
Cinto il tuo corpo da tutti i venti di tutti i secoli.

Autunno dalle mani d'oro:
con il canto del mare che rimbomba nel tuo petto infinito,
senza spighe né spine che possano ferire il mattino,
con l'alba che bagna il suo cielo nei fiori del vino,
per dare gioia a colui che sa di vivere
sei venuto di nuovo.
Con il fumo ed il vento ed il canto e l'onda tremante,
nel tuo grande cuore acceso.

(Otoño, da Quinta del ‘42, 1952 – Traduzione di Oscar Macrì)

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La poesia dello spagnolo José Hierro è spesso una poesia sociale. Ma se, come egli stesso precisò, poesia sociale significa che all’io della poesia intimista si è sostituito il noi, ogni poesia è sociale perché il lettore altro non fa che sostituire l’io del poeta con il suo “noi”, ovvero si appropria della medesima emozione. Tutto questo preambolo per commentare invece una scena autunnale di quelle che ci troviamo davanti adesso: i viali di piante dorate che si sfogliano al vento, i cespugli rossi che sembrano in fiamme, la dolce malinconia di questa stagione.

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FOTOGRAFIA © SONJA EHLEN/500PX

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LA FRASE DEL GIORNO
L’autunno è quel che resta d’una foglia.
DIEGO VALERI, Poesie




José Hierro del Real (Madrid, 3 aprile 1922 – 21 dicembre 2002), poeta spagnolo della generazione detta “sradicata” influenzato dalla poesia di Gerardo Diego. Incarcerato per quattro anni dopo la guerra civile, divenne araldo della “poesia testimoniale”, passando nel tempo a temi esistenziali.


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