sabato 25 aprile 2015

Liberate l’Italia

 

ALFONSO GATTO

25 APRILE

La chiusa angoscia delle notti, il pianto
delle mamme annerite sulla neve
accanto ai figli uccisi, l’ululato
nel vento, nelle tenebre, dei lupi
assediati con la propria strage,
la speranza che dentro ci svegliava
oltre l’orrore le parole udite
dalla bocca fermissima dei morti
«liberate l’Italia, Curiel vuole
essere avvolto nella sua bandiera»:
tutto quel giorno ruppe nella vita
con la piena del sangue, nell’azzurro
il rosso palpitò come una gola.
E fummo vivi, insorti con il taglio
ridente della bocca, pieni gli occhi
piena la mano nel suo pugno: il cuore
d’improvviso ci apparve in mezzo al petto.
 

(da La storia delle vittime, 1966)

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Cade oggi il 70° anniversario della Liberazione. Il 25 aprile 1945 alle 8 del mattino il CNL Alta Italia proclamava l’insurrezione nei territori occupati dai nazifascisti, che, incalzati ormai dalle truppe alleate in risalita dal Centro Italia, si arresero. La Seconda guerra mondiale, con il suo carico di lutti e crudeltà, di tragedie e stermini, ebbe fine quel giorno. Gli italiani – come si può apprezzare dalla poesia di Alfonso Gatto, quel 25 aprile , quando il peso dell’oppressione fu levato loro dal petto, ripresero a respirare. E ripresero a vivere: interessante è la testimonianza di Dino Buzzati dell’aprile 1945, da Siamo spiacenti di…, che ricalca anch’essa quella liberazione dall’angoscia: “Non più le Moire lanciate sul mondo a prendere uno qua uno là senza preavviso, e sentirle perennemente nell'aria, notte e dì, capricciose tiranne. Non più, non più, ecco tutto; Dio come siamo felici”.

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55aMilano

FOTOGRAFIA © 55A BRIGATA FRATELLI ROSSELLI

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LA FRASE DEL GIORNO
“È finita la guerra”, questo / il popolo grida; gli anni si frantumano, / un mondo nuovo affiora ribollendo / dalle schiuma aspra del dolore.
ROBERTO ROVERSI, Dopo Campoformio




Alfonso Gatto (Salerno, 17 luglio 1909 – Orbetello, 8 marzo 1976), poeta e scrittore italiano. Ermetico, ma di confine, giornalista e pittore, insegnante di Letteratura all'Accademia di Belle Arti, collaboratore di “Campo di Marte”, la sua poesia è caratterizzata da un senso di morte che si intreccia al vivere.


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